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Ipospadia

Descrizione

Per Ipospadia s’intende un’anomalia congenita del pene dovuta ad un incompleto sviluppo dell’uretra maschile.

Il meato urinario può essere situato in posizioni variabili dell’asta, dal glande sino al perineo. L’asta presenta un incurvamento ventrale che assume una gravità maggiore quanto più prossimale (verso la base) è la posizione del meato. L’incurvamento dell’asta rappresenta uno degli elementi anomici più importanti nel pene ipospadico. Responsabile dell’incurvamento è la presenza di tessuto fibroso (corde) situato a ridosso della porzione ventrale dei corpi cavernosi distalmente al meato urinario. In questa sede è comune osservare l’insufficiente sviluppo della cute che riveste ventralmente i corpi cavernosi, così come delle altre tuniche che li rivestono (fascia di Buck, dartos). Un altro cruciale fattore causale dell’incurvamento è la disproporzione esistente tra la parte dorsale e quella ventrale dei corpi cavernosi.

Il meato urinario può assumere morfologie diverse ed è abitualmente ristretto o puntiforme, sebbene, raramente, la stenosi sia responsabile di ostacolo al deflusso urinario.

Il rivestimento cutaneo dell’asta nel versante inferiore è costituito da un epitelio particolarmente sottile, tenacemente adeso ai tessuti sottostanti.

Il rafe mediano del pene, diretta continuazione di quello scrotale, si divide, distalmente al meato, a disegnare un’area triangolare il cui vertice è rappresentato dallo stesso meato urinario e la base dal solco coronale. Agli apici di tale zona triangolare si arrestano i margini laterali del grembiule prepuziale dorsale che risulta mancante sul versante ventrale.

Il significato clinico dell’ipospadia è correlato non solo all’aspetto estetico, ma soprattutto alle importanti ripercussioni sul piano funzionale che la malformazione comporta. L’anomala posizione del meato rende impossibile la minzione eretta. L’incurvamento dell’asta determina erezione dolorosa e, nell’adulto, difficoltà nella penetrazione sino all’incapacità copulatoria. La malformazione comporta, inoltre, l’insorgenza di problematiche di tipo psicologico che costituiscono, da sole, una valida indicazione alla correzione dell’anomalia.

La correzione chirurgica dell’ipospadia ha stimolato l’immaginazione dei medici di ogni epoca e portato alla ricerca di soluzioni che, in molte circostanze, sono state decisamente stravaganti. Se consideriamo, infatti, che le prime teorie per la correzione dell’ipospadia prevedevano l’amputazione del fallo a valle del meato ipospadico (primo secolo d.C.), molto è stato fatto e scritto, sebbene la parola fine alla ricerca di una soluzione tecnica completamente soddisfacente sia di la da venire. Negli anni e nei secoli sono state proposte numerose soluzioni che periodicamente si riaffacciano. Se analizziamo quanto accaduto dai primordi della medicina ad oggi possiamo dire che “Non c’è niente di nuovo nella chirurgia dell’ipospadia che non sia stato descritto in precedenza”.

 La prima descrizione dell’ipoplasia uretrale e il suo trattamento risale a Celsius (25 dC) e Galeno (II sec. dC), con la contemporanea descrizione della malformazione ipospadica. Galeno nel secondo secolo d.C. comprese il significato dell’incurvamento e delle ‘chordee’. Negli anni successivi la scienza medica fu ad appannaggio della cultura araba. Intorno al II secolo DC si situa Abu Al Qasim Al Zahrawi (comunemente conosciuto come Albucasis) di Cordoba, Andalusia, Spagna (930–1013) il quale scrisse una enciclopedia medica conosciuta come ‘Al Tasreef’ sicuramente influenzata dai lavori precedenti di Hippocrates, Galeno e Paolo di Aegina.

A proposito del tema ipospadia è possibile leggere testualmente: “In alcuni neonati il glande è senza foro o con un meato ristretto o malposizionato. Quando il glande è senza foro, dovresti penetrare il glande con un trocar in piombo e legarlo per 3-4 giorni. Dovrebbe essere rimosso quando il ragazzo ha bisogno di urinare per poi riposizionarlo. È possibile che il passaggio dell’urina contribuisca a mantenere aperto il tratto. Coloro che hanno un meato stretto dovrebbero essere dilatati con trocar di piombo, come abbiamo detto, per molti giorni.

Alcuni di questi pazienti con un meato dislocato non possono passare urina con un flusso anteriore e non possono procreare, poiché il seme non può raggiungere l’utero. In questi casi, il bambino dovrebbe giacere sulla schiena, tenendo il pene con la mano sinistra, e quindi incidere la testa del glande con un coltello per avere l’apertura in mezzo e rasare il glande come se si stesse tagliando una piuma o come se si desidera intagliare un pezzo di legno in modo di ristabilire la forma naturale del glande in modo che il meato cada nella posizione mediana dove dovrebbe essere. Devi stare attento a controllare il sanguinamento usando un cauterio se necessario. ” In altre parole, Albucasis ha descritto due tecniche per la riparazione dell’ipospadia: a) Il ‘Tunneling’ per coloro con il glande imperforato e b) una sorta di ‘Scultura’ per coloro con il meato malposizionato, rimuovendo parti del glande. Albucasis è accreditato per essere il primo a descrivere il ‘tunneling’ per la correzione delle ipospadie.

L’era moderna inizia con l’introduzione dell’anestesia con etere nel 1840 che ha permesso ai chirurghi di eseguire una chirurgia uretrale più sofisticata. Liston nel 1838, fu il primo a descrivere una doppia incisione parallela ad isolare il piatto uretrale che veniva successivamente tubulizzato. Nel 1869 Karl Thiersch da Leipzig, Germania, descrisse la sua tecnica delle due incisioni longitudinali sulla cute peniena per la correzione delle epispadie. Il suo allievo, Teophile Anger applicò il suo principio per riparare le ipospadie penoscrotali, presentandolo con successo ad un meeting scientifico.

Successivamente, l’attenzione della classe medica fu rivolta essenzialmente alla posizione del meato quasi dimenticando l’importanza dell’incurvamento sino al 1842 quando Mettauer individuò nell’iposviluppo della cute peniena la causa delle chordee.

L’uretroplastica mediante l’impiego della cute peniena è stata descritta da Thiersch nel 1869 e da Duplay nel 1874.

Più recentemente (fine ottocento – primi novecento) Carl Beck & Hacker sono probabilmente i pionieri per la correzione dell’ipospadia distale. Carl Beck (1856-1911) ha pubblicato il principio della mobilizzazione uretrale e dell’avanzamento meatale nel 1898 sul ‘New York Medical Journal’. Hacker ha pubblicato il medesimo principio, lo stesso anno in Germania. Il principio della mobilizzazione uretrale è stato successivamente ripreso da molti autori tra cui Horton & Devine nel 1961, Mustardè nel 1965, Duckett nel 1981 sotto il termine MAGPI, Koff nel 1981, Arap, Harrison e Grobbelaar (Avanzamento uretrale e procedura di glanuloplastica o UGPI) (1997)

L’idea di tubulizzare la cute prepuziale nacque con Van Hook nel 1896, Rochet nel 1899, Hamilton Russell nel 1900 e Mayo nel 1901.  Anche la cute scrotale fu incorporata nelle riparazioni ad opera di Bouisson nel 1860. Gli innesti liberi, così diffusi negli ultimi 20 anni, sono stati eseguiti da Nové-Josserand nel 1897.

Possiamo affermare che fu Duplay ad iniziare quella che può essere considerata l’epoca moderna, in questo campo, nel 1874, pubblicando una procedura dettagliata per la ricostruzione dell’uretra. Attualmente sono state descritte più di 200 tecniche. Molte delle procedure prevedevano una ricostruzione multistadio e comprendevano una prima fase finalizzata alla correzione del meato stenotico e una seconda fase che eliminava il recurvatum. Le tecniche si differenziavano per quanto riguarda la terza fase, l’uretroplastica (creazione di un neouretra e la sua copertura).

Numerosi problemi apparivano associati alle tecniche multistadio: richiedevano molteplici operazioni, spesso l’uretra non raggiungeva la punta del glande o tendeva a retrarsi a causa delle molteplici manipolazioni dei tessuti e ripetuti esiti cicatriziali, stenosi uretrali e / o formazione di fistole e il risultato estetico finale era scarso.

Per superare l’elevata incidenza di complicazioni, Hinderer ha introdotto la riparazione dell’ipospadia in un tempo unico nel 1960.

Due approcci principali, per la riparazione delle ipospadie medio peniene, furono presentati nel 1874 da Anger e Duplay e descrivevano la tubulizzazione del piatto uretrale e della cute ventrale per ricostruire l’uretra che veniva completamente ricoperta da cute. Duplay, 6 anni più tardi nel 1880, descrisse la modifica del suo primitivo approccio in cui avvolgeva il piatto uretrale attorno a un catetere ma senza suturarne i bordi insieme e lo ricopriva con la pelle. Questo principio di formare un nuovo uretra incompleta è stato ulteriormente pubblicizzato nel 1940 da Denis Browne. L’incisione del piatto uretrale fu descritta per la prima volta  da Reddy nel 1975, Orkiszewski nel 1987, Rich in 1989 e Snodgrass nel 1994. per ridurre la rigidità uretrale ed il rischio di stenosi.

L’uso del lembo a base meatale è stato unaltro approccio molto popolare per le ipospadie distali ed ha resistito al test del tempo per più di 80 anni. Questo fu iniziato da Mathieu nel 1932, anche se il principio era stato descritto precedentemente da Wood nel 1875, Ombredanne nel 1911 e Bevan nel 1917.

Altre modificazioni dello stesso principio furono proposte da Mustarde (1965), Barcat (1969), Boddy & Samuel (2000) e Hadidi (2012).

Uno dei quesiti che vengono posti dai genitori dei bambini affetti da ipospadia ed, in generale, da malformazioni congenite, riguarda il perché della loro comparsa. A tale proposito sono state avanzate numerose ipotesi eziologiche. Tra queste ricordiamo l’assunzione, da parte della madre, di estroprogestinici durante la gravidanza, un difetto dei recettori per gli androgeni a carico dell’organo bersaglio (tubercolo genitale), anomalie genetiche, etc.

In realtà non esiste un unico elemento causale che determina la comparsa della malformazione. E’ ipotizzabile, tuttavia, la presenza di fattori eziologici multipli, tra di loro verosimilmente interdipendenti, che interferiscono con la normale differenziazione degli organi sessuali in senso maschile.

E’ possibile affermare con certezza che non esiste una trasmissione ereditaria sul modello mendeliano. E’ possibile, infatti, che nel caso di due gemelli monocoriali, derivanti quindi da un unico ovulo, e con un identico patrimonio genetico, uno solo sia ipospadico. Esiste, invece, una predisposizione familiare all’ipospadia che può comparire in individui della stessa famiglia. Il bambino ipospadico presenta nel 25% dei casi un congiunto affetto dalla stessa malformazione, nell’ 8% il padre e nel 14% per cento un fratello. In linea generale, per ogni bambino affetto da ipospadia esiste un 20% di possibilità di avere un altro membro familiare colpito.

Recenti studi epidemiologici hanno messo in evidenza come l’incidenza della malformazione sia aumentata significativamente negli ultimi 25-30 anni. Un esempio paradigmatico è quello relativo alla popolazione dell’area metropolitana di Atlanta, negli Stati Uniti, in cui si è passati da 18 a 40 casi per 10,000 nati. Una simile tendenza è stata confermata in altri studi condotti su vasta scala. A tale incremento numerico, che ha visto peraltro aumentare le forme più gravi di ipospadia, non è possibile attribuire, allo stato attuale, una spiegazione validata scientificamente.

Le caratteristiche anatomiche riscontrabili a carico del pene ipospadico possono essere estremamente variabili e talora decisamente bizzarre. Bisogna, infatti, considerare come l’ipospadia rappresenti essenzialmente un difetto della virilizzazione dei genitali esterni dell’embrione e, come tale, presenta un ampio spettro di condizioni che vanno da genitali la cui anatomia ricorda quella femminile ad anomalie minime in cui l’unica alterazione visibile è rappresentata dalla sola schisi del prepuzio.

Gli studi embriologici finalizzati a definire l’eziologia della malformazione non hanno fornito una risposta completamente esaustiva. L’elemento chiave nella sua genesi consiste nell’arresto della chiusura della doccia uretrale e nella conseguente incompleta formazione del canale uretrale. A questa anomalia centrale si associano alterazioni degli altri elementi costitutivi del pene quali anomalie di sviluppo della fascia di Buck, del dartos e della cute peniena ventrale. Osservando il pene ipospadico è possibile osservare come il punto in cui inizia la separazione ventrale del prepuzio corrisponda all’arresto di sviluppo dell’uretra. A partire da questo punto la parte ventrale dell’asta risulta sprovvista dei normali elementi costitutivi ed è ricoperta da un esile epitelio tenacemente adeso all’albuginea dei corpi cavernosi. L’insufficiente sviluppo delle strutture descritte nella porzione ventrale dell’asta genera un incurvamento ventrale e la comparsa di tessuto fibroso anelastico a ridosso della porzione ventrale dell’albuginea peniena (“corda”).
Più il meato uretrale esterno è situato prossimalmente maggiore è l’entità dell’incurvamento. Lo stesso accade per quanto riguarda le dimensioni dell’asta che tendono ad essere tanto più ridotte quanto più si tratta di una forma prossimale.
Un’altra frequente anomalia, presente nelle forme più complesse di ipospadia, è la malformazione della borsa scrotale, analogo maschile delle grandi labbra femminili. Essa può essere separata in forma completa o parziale, in due borse distinte. Talora lo scroto assume il c.d. aspetto a cavaliere, rappresentato da un ponte tissutale che collega le due metà dello scroto al di sopra dell’asta.

Le caratteristiche anatomiche riscontrabili a carico del pene ipospadico possono essere estremamente variabili e talora decisamente bizzarre. Bisogna, infatti, considerare come l’ipospadia rappresenti essenzialmente un difetto della virilizzazione dei genitali esterni dell’embrione e, come tale, presenta un ampio spettro di condizioni che vanno da genitali la cui anatomia ricorda quella femminile ad anomalie minime in cui l’unica alterazione visibile è rappresentata dalla sola schisi del prepuzio.

Gli studi embriologici finalizzati a definire l’eziologia della malformazione non hanno fornito una risposta completamente esaustiva. L’elemento chiave nella sua genesi consiste nell’arresto della chiusura della doccia uretrale e nella conseguente incompleta formazione del canale uretrale. A questa anomalia centrale si associano alterazioni degli altri elementi costitutivi del pene quali anomalie di sviluppo della fascia di Buck, del dartos e della cute peniena ventrale. Osservando il pene ipospadico è possibile osservare come il punto in cui inizia la separazione ventrale del prepuzio corrisponda all’arresto di sviluppo dell’uretra. A partire da questo punto la parte ventrale dell’asta risulta sprovvista dei normali elementi costitutivi ed è ricoperta da un esile epitelio tenacemente adeso all’albuginea dei corpi cavernosi. L’insufficiente sviluppo delle strutture descritte nella porzione ventrale dell’asta genera un incurvamento ventrale e la comparsa di tessuto fibroso anelastico a ridosso della porzione ventrale dell’albuginea peniena (“corda”).
Più il meato uretrale esterno è situato prossimalmente maggiore è l’entità dell’incurvamento. Lo stesso accade per quanto riguarda le dimensioni dell’asta che tendono ad essere tanto più ridotte quanto più si tratta di una forma prossimale.
Un’altra frequente anomalia, presente nelle forme più complesse di ipospadia, è la malformazione della borsa scrotale, analogo maschile delle grandi labbra femminili. Essa può essere separata in forma completa o parziale, in due borse distinte. Talora lo scroto assume il c.d. aspetto a cavaliere, rappresentato da un ponte tissutale che collega le due metà dello scroto al di sopra dell’asta.

Ipospadie distali

▪ glandulare

▪ coronale

▪ peniena distale

Ipospadie medie

▪ medio peniene

Ipospadie prossimali

▪ peniena prossimale

▪ peniena scrotale

L’intervento di correzione dell’ipospadia consiste nella ricostruzione del canale urinario (uretra) sino all’apice del pene e, se presente, nella contemporanea correzione dell’incurvamento dell’asta.

Esistono diversi tipi di intervento in base alla severità del difetto. Da ciò la necessità di disporre di diverse tecniche chirurgiche.

Può essere effettuato in qualsiasi età della vita sebbene sia preferibile quella compresa tra gli otto ed i quindici mesi di vita.

La nascita di un bambino con malformazioni congenite è sempre causa di notevole ansia per i genitori e, spesso, determina nella famiglia un senso di confusione e disorientamento riguardo l’atteggiamento più opportuno da assumere sia per quanto concerne le indagini diagnostiche da effettuare che per il trattamento chirurgico da intraprendere. Tale senso di confusione non di rado lascia il posto ad un vero e proprio disorientamento quando le indicazioni al trattamento chirurgico e le sue modalità di applicazione differiscono in maniera palese da sanitario a sanitario.
Cercheremo, pertanto, di fornire delle semplici linee guida che vi orientino correttamente nella scelta del trattamento più appropriato allo specifico caso.
Alla nascita: Il primo approccio diagnostico nei confronti del bambino ipospadico viene effettuato presso l’ospedale dove il bambino nasce.
Il neonatologo provvederà, infatti, alla valutazione delle severità dell’anomalia peniena, della presenza dei testicoli e della loro normale discesa nello scroto e, soprattutto, verranno eseguite le indagini diagnostiche di screening tali da valutare la presenza di coesistenti anomalie delle vie urinarie o di altri distretti corporei. Bisogna ricordare che l’ipospadia rappresenta spesso un sintomo di una condizione malformativa complessa (sindrome).
Se il bambino presenta mancata discesa dei testicoli, forme di ipospadia severa od anomalie associate a carico di altri organi sarà altresì opportuna una consulenza genetica.

Età all’intervento: Per quanto riguarda questo delicatissimo aspetto vi rimandiamo al capitolo dedicato.

Periodo postoperatorio: Al termine dell’intervento, viene abitualmente posizionata una derivazione urinaria temporanea (catetere) che permetta alle urine di fuoriuscire dalla vescica senza ‘bagnare’ il segmento di uretra appena ricostruito. In molte ipospadie l’impiego del catetere è di fondamentale importanza per poter garantire un corretto consolidamento della neo-uretra ricostruita. La decisione di utilizzare o meno una derivazione urinaria viene presa dal chirurgo in relazione al tipo di intervento effettuato.

Ipospadie Distali: Spesso non è necessaria o viene utilizzata per le prime 24 ore e rimossa prima della dimissione. Nei casi in cui è prevista una derivazione più protratta (Ipospadie prossimali ), si utilizza in genere un catetere morbido che, introdotto nell’uretra, dreni direttamente la vescica.
E’ pratica nel mio centro fissare Il catetere al glande con un punto di sutura e, nel bambino più piccolo, lasciato libero di ‘gocciolare’ tra due pannolini. Ciò permette al bambino una completa autonomia di movimento e rende più semplice il decorso postoperatorio. In altri centri ospedalieri vengono impiegate metodiche diverse.
Nel paziente più grande può essere invece collegato ad un sacchetto raccoglitore delle urine, costituendo così un ‘sistema chiuso’, con la necessità di provvedere periodicamente alla sostituzione o svuotamento del sacchetto. In entrambi i casi il catetere viene lasciato per un periodo massimo di 7-10 gg. e la sua rimozione è assolutamente atraumatica.
E’ molto importante che il catetere rimanga in posizione corretta e dreni continuamente l’urina. In caso di interruzione del flusso di urina vanno escluse angolature o inginocchiamenti del catetere ed eventualmente verificata la sua pervietà con un lavaggio.
E’ abbastanza frequente l’evenienza di un temporaneo mal funzionamento del catetere in relazione a coaguli ematici o depositi di fibrina che ne ostruiscano il lume. Questa evenienza viene evidenziata dall’arresto del flusso urinario e dal forte desiderio di mingere che il bambino esprime. E’ importante riconoscere tempestivamente questi sintomi per evitare che l’urina fuoriesca tra catetere e neo-uretra.
Può accadere che una piccola quantità di urina passi tra uretra e catetere durante lo sforzo che il bambino compie per evacuare nonostante il buon funzionamento del catetere stesso. E’ evenienza comune e non deve destare preoccupazione.

MEDICAZIONE PENIENA
Anche la medicazione peniena ha un ruolo determinante per la buona riuscita dell’intervento. La funzione della medicazione è quella di immobilizzare il pene operato, prevenire l’edema ed il sanguinamento post-operatorio.
Anche il tipo di medicazione, come accade per il catetere, può variare da intervento ad intervento, viene rimossa nei giorni che seguono l’intervento e non deve, in genere, essere sostituita prima della sua definitiva rimozione.
La fuoriuscita di una modesta quantità di sangue dalla medicazione nell’immediato post-operatorio deve essere considerata normale. Nelle ore e nei giorni che seguono la rimozione della medicazione un certo edema e gonfiore del pene è una eventualità piuttosto comune.

TERAPIA DEL DOLORE
Il bambino operato per ipospadia può avere fastidio o dolore dopo l’intervento. Questi sintomi sono in genere causati da ‘ spasmi vescicali ‘. La vescica è un serbatoio di urina dotato di una parete muscolare è può essere irritata dall’intervento chirurgico e soprattutto dalla presenza di un catetere. Le manifestazioni di tali irritazione sono rappresentate dallo spasmo (contrazione) del muscolo vescicale. Se si verifica, in genere è improvvisa e dura pochi minuti, il bambino può iniziare a piangere e lamentarsi con le gambe flesse verso il torace. Spesso, i bambini più grandi, riferiscono lo stimolo urgente o la sensazione di (fare la pipì). Talvolta la comparsa di spasmi vescicali dipende dalla presenza di feci nel retto o può dipendere da un cattivo drenaggio del catetere. La conseguenza di tali spasmi può determinare, come visto in precedenza, la minzione tra catetere e neo-uretra. Quando tale episodi siano frequenti si possono utilizzare specifici farmaci.

IGIENE E CURA DEL PENE OPERATO
Quando viene rimossa la medicazione il pene può essere ancora gonfio ed ecchimotico per alcuni giorni prima di assumere un aspetto normale. Ciò non deve essere causa di ansia per i genitori, in quanto la complessità tecnica della ricostruzione chirurgica comporta un naturale processo di cicatrizzazione e consolidamento delle strutture anatomiche ricostruite che si completa nell’arco di settimane. Una pomata antibiotica deve essere applicata a livello del nuovo sbocco uretrale (neo meato) più volte (3-4) nell’arco della giornata o al cambio del pannolino. Favorisce una guarigione ottimale e previene eventuali coaguli o croste che potrebbero compromettere l’esito dell’intervento.
Dopo la rimozione del catetere e della medicazione è consentito il bagno integrale, ma deve essere limitato a periodi brevi (5 minuti) ed una sola volta al giorno per la prima settimana dopo l’intervento. I punti usati (materiale di sutura) per la ricostruzione sono in materiale riassorbibile e non devono essere rimossi. Cadranno spontaneamente nell’arco di alcune settimane.
Non vi sono regole particolari e/o limitazioni per la ripresa di una normale attività fisica; è tuttavia preferibile evitare compressione della regione perineale e scrotale (triciclo, bicicletta, cavallo a dondolo) per un periodo di 2-3 settimane dopo l’intervento.

INFEZIONE
L’infezione è una possibile complicanza di qualsiasi intervento chirurgico sebbene piuttosto rara nella chirurgia dell’ipospadia. La comparsa di arrossamento cutaneo, presenza di pus franco e/o febbre sono segni evidenti di una infezione in atto e devono essere prontamente messi in evidenza per un tempestivo trattamento medico/antibiotico.

Le competenze del Medico Anestesista comprendono varie fasi del percorso assistenziale che porta un bambino all’intervento chirurgico:

1) VALUTAZIONE E PRESCRIZIONI PREOPERATORIE

 Tale fase è di fondamentale importanza per la raccolta dei dati riguardanti lo stato fisico del bambino, la sua storia remota e recente (anamnesi), la presenza di malattie importanti in famiglia (soprattutto coagulopatie e malattie muscolari).
Inoltre è l’occasione per stabilire un contatto con il bambino e con i genitori ed il momento in cui verrà effettuata la visita. La valutazione preoperatoria è molto più importante di qualsiasi esame strumentale preoperatorio!
Frequentemente durante la visita si riscontrano processi infiammatori delle vie aeree che rappresentano comunque una controindicazione relativa all’intervento e vanno valutate nel singolo caso. Infatti solo le infiammazioni più gravi aumentano la probabilità di complicanze intraoperatorie (broncospasmo e laringospasmo) e postoperatorie (broncopolmoniti).
Un capitolo a parte merita il ‘rischio allergia’, una delle paure più diffuse tra i genitori quando un bambino deve essere sottoposto ad un intervento in anestesia generale. Gli eventi allergici acuti (shock anafilattico) hanno un incidenza estremamente bassa nell’esperienza mondiale e non giustificano la necessità di eseguire accertamenti approfonditi in questo senso. D’altro canto, al giorno di oggi, non esistono esami strumentali di routine che possano con certezza escludere l’evenienza di un shock anafilattico durante la somministrazione di un anestetico. Ogni camera operatoria, comunque, è perfettamente attrezzata per affrontare tal evento che rappresenta una complicazione poco frequente ma perfettamente trattabile.
E’ importante ribadire che nel caso in cui, e fortunatamente è l’evenienza più frequente, ci troviamo di fronte a bambini con storia familiare e personale negativa, questi possono essere sottoposti ad anestesia senza esami di laboratorio preoperatori, senza elettrocardiogramma, senza Rx torace eseguiti spesso di routine e che, nella maggior parte dei casi, aumentano solo la diffidenza dei bambini con i sanitari. Di volta in volta sarà il medico anestesista, dopo la visita, a stabilire se e quali esami effettuare.
Un’altra questione molto “sentita” dai genitori sono i tempi del digiuno preoperatorio: i bambini “devono” bere liquidi chiari fino a due ore prima dell’induzione dell’anestesia (per ridurre l’acidità gastrica, fattore determinante per la morbidità da inalazione, attenuare la risposta ipontensiva che si ha nei bambini disidratati ed inoltre favorire la “compliance” cioè l’adesione alle procedure); il latte materno può essere somministrato fino a 4 ore prima mentre per un pasto completo si dovrà attendere circa 6 ore.
Dopo l’idoneità alla visita sarà prescritta una eventuale preanestesia. Eventuale perchè, teoricamente, nelle Strutture in cui è possibile l’ingresso dei genitori in Sala Operatoria, la premedicazione potrebbe anche essere omessa. Nei casi invece in cui ciò non sia praticabile sarà somministrato un sedativo per bocca 30′ prima dell’ingresso in S.O in modo tale da favorire il distacco dai genitori e l’accettazione delle procedure iniziali.

2) CONDOTTA ANESTESIOLOGICA IN SALA OPERATORIA

In sala operatoria compito del medico anestesista sarà quello di effettuare l’induzione dell’anestesia (cioè la fase iniziale di ipnosi farmacologia, la somministrazione degli anestetici, l’eventuale curarizzazione e la scelta della tecnica anestesiologica), il suo mantenimento (durante la quale “opera” il chirurgo) e, a fine intervento, il risveglio.
L’induzione è nella maggior parte dei casi di tipo inalatoria (tramite mascherina facciale) che viene ben accettata nei mambini premedicati. Per inalazione vengono somministrati potenti agenti anestetici che consentono, in modo indolore, l’incannulamento venoso e quindi successivamente la somministrazione degli anestetici endovenosi, gli eventuali curari con l’inserimento di una protesi respiratoria se si procede all’Anestesia Generale.
Le tecniche anestesiologiche possibili sono tre:

– l’Anestesia Generale con protesi respiratoria (Maschera Laringea o Tubo Tracheale).
– l’Anestesia Generale con associato Blocco Anestestico per Infiltrazione del Pene.
– Anestesia Epidurale Caudale in Respiro Spontaneo senza protesi respiratoria

La nostra preferenza va all’Anestesia Epidurale, con associata somministrazione di adiuvanti (clonidina o morfina), eventualmente seguita, a fine intervento, dal Blocco del Pene. Tali tecniche consentono una eccezionale stabilità dei valori intraoperatori della Frequenza Cardiaca e della Pressione Arteriosa ed un più rapida ripresa delle condizioni fisiche nel postoperatorio.
In due recenti Congressi Nazionali (SARNePI – Società Italiana di Anestesia e Rianimazione Neonatale e Pediatrica Italiana- e SIUP -Società Italiana di Urologia Pediatrica), in collaborazione del Dott. Marrocco e del Dott. Vallasciani, abbiamo riportato la nostra esperienza e casistica in merito a tali tecniche.
Durante la fase di mantenimento, lo stato generale del paziente è costantemente monitorizzato con vari strumenti: il saturimetro,che rileva la quantità di ossigeno nel sangue attraverso un semplice sensore nel dito, l’elettrocardiografia, la misurazione della Pressione Arteriosa, la valutazione della respirazione. Tali strumenti complessivamente forniscono i dati necessari per garantire una sicura gestione dell’anestesia.
A fine intervento con la sospensione dei farmaci dell’anestesia generale e degli ipnotici, in caso di anestesia caudale, si ottiene il risveglio del bambino. E’ da precisare che il risveglio anestesiologico non ha gli stessi aspetti della fine di un sonno fisiologico ma soprattutto risposta finalizzata a stimoli dolorosi di lieve entità, autonomia respiratoria completa, parametri fisiologici (saturazione periferica, pressione arteriosa, frequenza respiratoria e cardiaca) assolutamente nella norma.

3) POSTOPERATORIO

 Il dolore sarà trattato con analgesici ad orari fissi (tramite supposte di paracetamolo o farmaci analgesici endovena). La loro azione è più efficace se vengono assunti in prevenzione del dolore anziché una volta instaurato lo stesso.
Un evento abbastanza frequente, soprattutto nei bambini più piccoli, è la comparsa di un breve periodo di agitazione del bambino appena risvegliato. Spesso viene scambiato come manifestazione di dolore postoperatorio, creando ansia e timori nei genitori. L’uso di tecniche combinate di analgesici centrali e locali (nel sito della ferita) ci permettono di escludere tale evenienza. Questa fase ‘agitatoria’ del bambino corrisponde invece ad una sorta di ‘fase allucinatoria’ secondaria ad alcuni farmaci utilizzati nell’anestesia generale alla quale i piccoli reagiscono con il pianto. Assicurare loro un ambiente calmo e possibilmente in penombra è un efficace aiuto per questa fase del tutto transitoria.
La rialimentazione potrà essere anche abbastanza precoce: il parametro più affidabile è lo stato di “risveglio” del bambino! Si inizierà con liquidi chiari (acqua, thè, camomilla); in assenza di problemi dopo l’assunzione degli stessi (nausea, vomito) si proseguirà con latte e/o cibi solidi.

La valutazione dei risultati nella correzione dell’ipospadia deve essere effettuata a distanza di tempo.

Talora, in un paziente in cui si sia ottenuto un eccellente risultato a breve termine, possono comparire complicanze a distanza (stenosi, fistole, recidiva dell’incurvamento).

E’ bene, infatti, tener presente che la chirurgia dell’ipospadia è, per sua natura, gravata da un certo numero di complicanze ( dal 3 al 25 % dei casi in relazione al tipo di intervento ed ai diversi centri ospedalieri ) che possono tuttavia essere risolte senza necessità di ricorrere a reinterventi particolarmente impegnativi.

 

In tutti i pazienti il periodo postoperatorio immediato è un momento particolarmente delicato ed importante  per l’esito finale e per il raggiungimento del successo chirurgico.

L’uso di una derivazione urinaria temporanea (catetere) garantisce una corretta guarigione dei punti di sutura della neo-uretra ricostruita. La decisione di utilizzare o meno una derivazione urinaria viene presa dal chirurgo in relazione al tipo di intervento effettuato.

Spesso non è necessaria o viene utilizzata per le prime 24 ore e rimossa prima della dimissione. Nei casi in cui è prevista una derivazione più protratta (Ipospadie prossimali ), si utilizza in genere un catetere morbido che viene fissato al glande da un punto di sutura e, nel bambino più piccolo, lasciato libero di ‘gocciolare’ tra due pannolini. Ciò permette al bambino una completa autonomia di movimento e rende più semplice il decorso postoperatorio.

Nel paziente più grande può essere invece collegato ad un sacchetto raccoglitore delle urine. In entrambi i casi il catetere viene lasciato per un periodo massimo di 7-10 gg. e la sua rimozione è assolutamente atraumatica.

Anche la medicazione peniena ha un ruolo determinante per la buona riuscita dell’intervento ed ha la funzione di immobilizzare il pene operato, prevenire l’edema ed il sanguinamento post-operatorio.

La medicazione viene rimossa nei giorni che seguono l’intervento e non deve, in genere, essere sostituita prima della sua definitiva rimozione.

Le implicazioni psicologiche inerenti la correzione chirurgica dell’ipospadia debbono tenere in considerazione tutti e tre gli aspetti dello sviluppo del paziente: quello emotivo, quello dell’immagine corporea (e dello sviluppo sessuale) ed, infine, quello cognitivo.
Sviluppo emotivo: Durante il primo anno di vita è di fondamentale importanza impostare una forte e stabile relazione madre-padre-figlio. La qualità di questa relazione può, tuttavia, essere influenzata in senso negativo da diversi fattori; uno di questi può essere identificato nella presenza di un difetto congenito che possa creare un disturbo nelle capacità di accudimento della mamma nei riguardi del bambino.
Dal punto di vista dello sviluppo emotivo, il periodo che va dal sesto mese ad approssimativamente il 15° mese di vita sembra in generale, quello meno profondamente coinvolto nello sviluppo psicologico del bambino e, pertanto, il più indicato per l’intervento chirurgico, se la separazione dai genitori è limitata nel tempo.
Il periodo compreso tra i 24 ed i 36 mesi può anche essere considerato un periodo in cui il trauma della chirurgia è relativamente meno complesso. Posporre a tale periodo la correzione chirurgica ha lo svantaggio, però, di prolungare nel tempo la condizione di menomazione fisica legata alla malformazione con l’effetto di cristallizzare qualsiasi scissione o disgregazione nelle relazioni intra-familiari che la condizione patologica del bambino può aver ingenerato.

L’immagine corporea e lo sviluppo sessuale
In larga parte, la formazione dell’immagine corporea nel piccolo bambino deriva dalle interazioni sociali con coloro i quali lo accudiscono, i genitori ed i loro coetanei. Un bambino con un difetto fisico esteriore, inclusa l’ipospadia, è a rischio di sviluppare distorsioni della sua immagine corporea che sono essenzialmente il risultato delle valutazioni espresse in maniera subliminale da altre persone. Stante il precoce sviluppo dell’immagine corporea e l’importanza della risposta dei genitori, l’aspetto positivo insito nella correzione precoce dell’ipospadia è rappresentato dal fatto che si consente al bambino un più precoce raggiungimento di una sana immagine corporea e quindi di un sano sviluppo psichico.
Un’area specifica in cui il feedback sociale influenza pesantemente l’immagine corporea è rappresentato, inoltre, dal periodo di sviluppo sessuale. Ricerche condotte su bambini con genitali ambigui ha mostrato come l’identità sessuale sia una funzione dell’apprendimento sociale che scaturisce dalle risposte ottenute da diversi individui nell’ambiente in cui si vive. Per esempio, nei bambini la cui identità sessuale genetica non sia correttamente rappresentata da una corretta morfologia genitale a causa di stati intersessuali (esempio l’ermafroditismo), si può facilitare un orientamento sessuale in un senso o nell’altro se il processo di attribuzione dell’identità sessuale inizia prima dei due anni di età. Pertanto, l’immagine sessuale corporea è largamente influenzata dalle relazioni sociali. I maschi in età scolare affetti da ipospadia tendono ad avere un comportamento che è atipico in termini di genere, se confrontato con individui non affetti.
La correzione dell’ipospadia prima dei 24 mesi di vita sembra una scelta ideale per le seguenti ragioni:

La presa di coscienza dell’identità di genere, cosi come della presenza di una deformità fisica, avviene dopo tale periodo.
La socializzazione, che si realizza comunemente nei bambini dopo i due anni di vita con l’inizio della frequenza scolastica, crea opportunità di confronto degli organi genitali; bambini costretti a sedere per urinare o che abbiano evidenti anomalie dei genitali esterni saranno esposti alle risposte sociali, talora innocentemente crudeli, dei loro coetanei.
Dai 30 mesi di vita all’età di 5 anni, la paura del bambino nei confronti del danno fisico da chirurgia è significativamente accresciuta. I bambini soggetti ad intervento per ipospadia hanno bisogno di essere rassicurati riguardo al fatto che la loro sessualità non verrà modificata e che la loro identità sessuale è completamente maschile.

Sviluppo cognitivo:
Anche se in un bambino di età inferiore ai 18 mesi gli aspetti cognitivi della preparazione all’intervento sono ovviamente molto limitati, è altrettanto importante ricordare che i bambini che si avvicinano ai due anni di vita ben comprendono di trovarsi in un ambiente estraneo e non naturale e che vengono loro rivolti trattamenti medici.
Tra i due ed i sette anni di vita i bambini possono comprendere più informazioni e richiedono semplici, valide e concrete spiegazioni di ciò che accadrà: per quanto tempo saranno lontani da casa, chi sarà insieme a loro, e come e quando potranno sentire dolore.
I bambini in questa fase della vita sono egocentrici nella loro visione del mondo e tendono ad associare a se tutti i rapporti causa-effetto, creandosi dei sensi di colpa che li portano ad addossarsi la responsabilità della malattia. Per tale motivo, necessitano di affermazioni chiare e consistenti relative ad eventi negativi, del tipo, “il tuo intervento chirurgico non deriva da una tua colpa o manchevolezza …”. Un bambino che abbia raggiunto capacità operative (dopo i sette anni di vita) sarà in grado di comprendere la causalità dell’evento in una modalità più adulta ma potrà ancora associare in maniera inconscia la chirurgia con la punizione.

Effetti psicologici della chirurgia e dell’anestesia:
Nel 1945, Levy pubblicò il primo studio indirizzato specificamente al problema degli effetti psicologici della chirurgia sui bambini.
Egli notò che la maggiore incidenza di disturbi emotivi si osservava nei bambini tra uno e tre anni di vita. I problemi più frequenti erano rappresentati da incubi notturni (bambini tra uno e due anni), negativismo (dopo i 4 anni), e diverse paure (incluso fobie, reazioni isteriche e reazioni ansiose) che possono presentarsi in tutte la fasi della vita. Levy concluse che la chirurgia rappresentava un più grande stress emotivo per il bambino di età compresa tra 1 e 3 anni a causa della loro scarsa comprensione di quanto avviene, della maggiore dipendenza dalla mamma, dei ridotti contatti sociali al di fuori dell’ambiente familiare e della ridotta capacità di gestione dell’ansia.
Una inadeguata sedazione preoperatoria nei piccoli bambini può comportare una eccessiva paura ed ansia prima dell’intervento oltre a disturbi emotivi post-intervento. Mistificazioni volontarie e tendenza a sminuire o distorcere la realtà aumentano il rischio potenziale di disturbi emotivi nei bambini più grandi nel momento in cui si confronteranno con la verità.
Lo studio definitivo riguardo i rischi psicologici della chirurgia e dell’anestesia non sarà, probabilmente, mai pubblicato a causa delle difficoltà nell’isolare lo stress psichico determinato dall’ospedalizzazione, dall’anestesia e dalla chirurgia. I dati esistenti, tuttavia, suggeriscono che alcuni gruppi di bambini possono essere a maggiore rischio di sequele comportamentali dopo l’intervento.
In passato il timing per la correzione dell’ipospadia è stato subordinato alla possibilità di ottenere un risultato funzionale e cosmetico ottimale in relazione alle problematiche di una chirurgia tanto complessa. Gli aspetti tecnici erano considerati prioritari nella scelta del timing. Le metodiche ricostruttive multistage con la correzione in tempi diversi dell’incurvamento e del difetto uretrale separate da 6-12 mesi di distanza, erano in passato la regola. Oggi la vasta maggioranza delle ipospadie può essere corretta in tempo unico; procedure “multistage” sono riservate soltanto alle malformazioni più complesse.
In molti centri si effettua comunemente la correzione dell’ipospadia all’età di sei mesi. L’impiego di mezzi di magnificazione ottica, strumenti microchirurgici e materiali di sutura raffinati ha reso la chirurgia nei piccoli bambini tecnicamente possibile e chirurghi esperti possono ottenere risultati eccellenti da un punto di vista cosmetico e funzionale. E’ opportuno sottolineare come questo tipo di chirurgia sia caratterizzata da una notevole complessità e richieda uno staff esperto e capace di gestire le molteplici esigenze tecniche legate ai vari pazienti.
Paradossalmente, quanto più complesse ricostruzioni chirurgiche sono effettuate in bambini più piccoli, tanto più la necessità di ospedalizzazione post-operatoria viene ridotta. Attualmente, la maggior parte degli interventi per ipospadia può essere effettuata in regime di Day Hospital o con la permanenza in ospedale di una sola notte, riducendo il trauma emozionale associato con la chirurgia ed all’allontanamento dall’ambiente familiare. Laddove sia necessaria una più lunga permanenza in ospedale, molti centri ospedalieri pongono attenzione all’esigenza di ridurre la separazione madre-bambino attraverso metodiche di ‘rooming-in’. Se i criteri esposti vengono adottati in maniera efficace, la chirurgia dell’ipospadia può essere effettuata idealmente tra i 6 ed i 12 mesi di vita.
In conclusione, lo sviluppo cognitivo, emozionale e dell’immagine corporea può essere profondamente influenzato dalla malformazione genitale e dalla chirurgia ricostruttiva. Questi fattori psicologici sono di considerevole importanza, in quanto la reazione del bambino alla chirurgia ed all’anestesia variano drammaticamente con l’età.
Il periodo che va dalle 6 settimane ai 15 mesi è un periodo relativamente adeguato dal punto di vista dello sviluppo emozionale, a patto che la separazione bambini-genitori sia minimizzata. Problemi comportamentali post-operatori quali regressioni caratteriali, incubi notturni ed ansietà possono essere comuni in determinate età della vita, particolarmente tra 1 e 3 anni.
Lo sviluppo dell’identità sessuale, infine, che si realizza proprio in questa particolare fase della vita trae un largo beneficio dalla precoce correzione di anomalie fisiche genitali.

Alla luce di quanto emerso dagli studi in tale delicato ambito, l’età ideale per la correzione dell’ipospadia si situa tra i sei ed i dodici mesi di vita. Nei casi in cui sia possibile, la conservazione e ricostruzione del prepuzio rappresenta un elemento importante per contribuire alla creazione di una immagine corporea quanto più vicina alla normalità con le finalità illustrate in precedenza.
L’intervento chirurgico precoce consente al bambino affetto da ipospadia la mancata presa d’atto della malformazione ed il ripristino di una normale anatomia genitale prima che l’ospedalizzazione e l’intervento chirurgico lascino tracce indelebili nel suo subconscio.

Nell’ambito delle patologie congenite del bambino, l’ipospadia rappresenta senza dubbio un campo in cui molto è stato fatto negli ultimi 30 anni, sebbene vi siano ancor ampi margini di miglioramento, perché si possano ottenere risultati sempre più soddisfacenti dal punto di vista chirurgico, riducendo, nel contempo, il disagio per il piccolo paziente e per la sua famiglia.
Il raggiungimento di risultati adeguati e scevri da complicanze dipende da molti fattori, nessuno secondario agli altri: esperienza ed abilità tecnica, strumentario ed attrezzature sofisticate, magnificazione ottica, un’adeguata sorveglianza nel periodo post-operatorio ed infine la scelta del momento più adeguato per intervenire chirurgicamente sul bambino in relazione alla fase evolutiva.
Nonostante le premesse esposte, la correzione dell’ipospadia rimane comunque una delle specialità chirurgiche più complesse nell’ambito della chirurgia ed urologia pediatrica. La delicatezza delle strutture anatomiche, coinvolte nella ricostruzione, rende l’intervento estremamente critico. Sottovalutare l’importanza di questo aspetto, anche nelle forme cosi dette ‘minori’ è un grosso errore. Le frequenti complicanze, che culminano talvolta in insuccessi totali, determinano un profondo senso di frustrazione per il chirurgo e per i genitori, generando delle importanti conseguenze psicologiche all’interno del nucleo familiare.
Tutto ciò accade più frequentemente nelle forme prossimali in cui la ricostruzione di un pene funzionalmente normale ed esteticamente adeguato rappresenta, talvolta, una vera e propria sfida per il chirurgo.
Ciononostante è oggi possibile correggere l’ipospadia in modo soddisfacente, senza ricorrere a lunghe ospedalizzazioni, in un’adeguata fase dello sviluppo psicosessuale del bambino che permetta di ridurre al minimo il trauma psicologico e le rilevanti conseguenze sulla futura vita di relazione che la chirurgia genitale comporta. Premessa fondamentale è la scelta di una struttura sanitaria di comprovata esperienza ed efficacia nel trattamento della malformazione.

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